Posizionato su una prominente collina che domina le valli sottostanti attraversate dal fiume Nera a sud-est e dal Tevere a sud-ovest, il luogo era conosciuto sin dall’antichità come “Mons Campanus”. La sua posizione strategica eccezionale, che consentiva il controllo delle valli circostanti e della vicina via Amerina, suscitò l’interesse di Amelia, che lo acquisì nel 1354. Nel 1412, il castello subì una devastazione da parte di Braccio da Montone (Perugia 1368 – L’Aquila 1424), all’epoca comandante delle truppe pontificie, che in seguito divenne signore di Perugia. Nel corso degli anni successivi, Montecampano seguì le vicende di Fornole, che subì diversi attacchi da parte delle truppe papali. Ancora nel 1434, Niccolò Piccinino, rivale di Francesco Sforza, allora signore di Amelia, ordinò l’incendio di Montecampano.
Nel corso del Cinquecento, il castello fu nuovamente oggetto di distruttive incursioni da parte delle famiglie Vitelli e Orsini, nonché dell’esercito della vicina Orte, che approfittava di ogni opportunità per sottrarre territori ad Amelia e includerli nella propria sfera di influenza. Successivamente, il castello fu a lungo di proprietà della nobile famiglia dei Conti Cansacchi, detentrice di diverse tenute terriere e proprietà, tra cui due preziosi palazzi di grande valore architettonico situati nel centro di Amelia (Palazzo Cansacchi della Valle Superiore in contrada “Platea” e Palazzo Cansacchi in contrada “Posterola”, eretto accanto all’Ospedale di Santa Maria dei Laici). Del suo originario impianto castellano, rimangono alcune sezioni delle mura e alcune belle torri. L’interno è caratterizzato da via Cansacchi, fiancheggiata da affascinanti palazzetti e da un antico orologio pubblico situato su un cavalcavia che collega due edifici affacciati sui lati opposti della strada. La chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli, nel corso dei secoli, ha subito numerose modifiche e non presenta più l’aspetto medievale originale.
Dalla collina su cui sorge l’abitato si possono ammirare panorami mozzafiato sulle vallate circostanti, con ampi boschi e terreni coltivati, e si scorgono solitarie pievi in rovina e antichi casali. Queste dimore erano in passato di proprietà di nobili famiglie amerine, tra cui i Venturelli, Racani, Boccarini, Catenacci e i Farrattini. Questi ultimi erano proprietari di una tenuta padronale, presso la quale sono stati effettuati ritrovamenti archeologici che hanno fatto ipotizzare la presenza di una villa patrizia di epoca romana. In questa zona, situata sulla sponda sinistra del fiume Tevere e che si estende verso i comuni limitrofi ad Amelia, come Giove, Penna in Teverina e Lugnano in Teverina, si presume che si trovassero numerose ville rustiche. Gli scavi condotti a Poggio Gramignano (Lugnano) tra il 1988 e il 1992 hanno portato alla luce i resti di una vasta villa del I secolo a.C., un ritrovamento eccezionale che assume ancor più importanza dato che nel V secolo d.C. la villa fu utilizzata come area cimiteriale per le sepolture di numerosi bambini deceduti a seguito di un’epidemia, probabilmente di malaria. Per questo motivo, la villa è nota anche come “Necropoli dei bambini di Lugnano”.